Cosa accadrà il 14 luglio, non ci è dato sapere… era questa la “deadline” definita per la piena entrata in vigore del divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse, nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, come definito nel decreto Dignità del 2018.

Il 18 aprile l’Autorità di Garanzia delle Comunicazioni (Agcom) ha pubblicato le ‘Linee guida’ per verificare sui media l’osservanza del divieto di pubblicità al gioco d’azzardo. Nel fare ciò, L’Autorità non si è limitata ad una interpretazione letterale, logica e sistematica, come normalmente dovrebbe farsi, ma si è pronunciata contro una misura decisa dal Parlamento rendendo, potenzialmente, vano il tentativo di porre un argine ad una patologia di massa.

Di fatto le linee guida, come deliberate, aprono a forme di pubblicità: sarà possibile pubblicizzare le vincite presso i punti vendita, sarà possibile pubblicizzare l’operatore concessionario dell’azzardo (dietro la giustificazione di volersi distinguere da chi lo offre illegalmente), sarà possibile pubblicizzare il nome dell’azienda (ciò che accade come sponsorizzazione delle società di calcio) in quanto tale forme è ritenuta pubblicità “neutra”, sarà possibile reclamizzare pubblicità sulle quote di scommesse con inevitabile incentivo indiretto alla scommessa.

Ci chiediamo cosa rimane del decreto Dignità, se non imbarazzo per delle scelte così lontane dallo spirito che lo animava.

“non sono da considerarsi pubblicità le informazioni limitate alle sole caratteristiche dei vari prodotti e servizi di gioco offerto, laddove rilasciate nel contesto in cui si offre il servizio di gioco a pagamento. Rientrano in tale categoria, a titolo esemplificativo, le informazioni che sono rese disponibili nei siti di gioco o nei punti fisici di gioco, riguardanti le quote, il jackpot, le probabilità di vincita, le puntate minime, gli eventuali bonus offerti, purché effettuate nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza, trasparenza nonché assenza di enfasi promozionale. (…) I servizi informativi di comparazione di quote o offerte commerciali dei diversi competitors non sono da considerarsi come forme di pubblicità, purché effettuate (a titolo esemplificativo, i c.d. “spazi quote” ovvero le rubriche ospitate dai programmi televisivi o web sportivi che indicano le quote offerte dai bookmaker). Esulano dall’ambito di applicazione del divieto i c.d. servizi gratuiti di indicizzazione mediante algoritmo”

Agcom, Linee guida sul divieto di pubblicità dell’azzardo, 18 aprile 2019

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